Caprara


Antico borgo medioevale, situato alle
falde di Monte Sole, di cui si trovano citazioni nel catasto gregoriano già
nella seconda metà dell’800, è stato per oltre un millennio sede di una
piccola ma importante comunità tanto da essere stato fino al 1882 la sede
comunale del territorio, quando
a seguito dello sviluppo della ferrovia il fondovalle acquisì maggiore
importanza. Comunque ancora durante la seconda guerra mondiale gran parte
della popolazione del Comune di Marzabotto risiedeva sul crinale alle spalle
del fiume Reno
e lungo le sue pendici. In quel periodo a
Caprara esisteva un piccolo gruppo di abitazioni abitate da
tredici famiglie di contadini, c’era pure
un’osteria, una rivendita di sale e tabacchi: ora di tutte queste
costruzioni restano poche tracce di stalle, cucine, cantine e abitazioni.
Il 29 settembre 1944 la gente che abitava a Caprara ed alcune persone che
vivevano nei pressi vennero rinchiuse dai soldati tedeschi nella cucina di
una casa dei contadini e uccise con bombe a mano lanciate da una finestra:
65 morti.
Racconta Gilberto Fabbri: “ Alle quindici … arrivarono tre nazisti … ci
ingiunsero di uscire dal ricovero e ci stiparono tutti nella cucina nella
casa di Caprara, di cui sbarrarono le porte lasciando aperta solo la
finestra, attraverso la quale, subito dopo, scagliarono quattro bombe a mano
di quelle col manico e una grossa granata di colore rosso. L’esplosione fu
tremenda e coprì il grande urlo di tutti, poi un fumo denso si stese sui
cadaveri dilaniati. Un acuto dolore mi tormentava alle gambe,
ma riuscii egualmente a saltare dalla finestra e
nascondermi in mezzo a un cespuglio, distante tre o quattro metri. Vidi i
tre nazisti aprire la porta della casa e piazzare una mitraglia. Volsi il
capo inorridito e dall’altra parte mi apparvero due donne che scappavano
affannosamente attraverso il campo. Sentii degli spari e le due donne
caddero una breve distanza dall’altra. Dopo circa un quarto d’ora, sempre
rintanato nel cespuglio, vicinissimi a me furono sparati molti colpi e
raffiche che si confusero con le urla strazianti delle donne e dei bambini
ancora vivi nella cucina. Poi fu il silenzio.”

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